I carboidrati nella dieta

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I carboidrati sono alla base della nostra alimentazione anche se oggi non è affatto rara la tendenza di ridurre drasticamente fino ad abolire del tutto gli stessi carboidrati dalla dieta, attribuendo ad essi la colpa di ogni problematica, a partire dall’aumento di peso. In realtà, un apporto equilibrato di carboidrati sulla base del proprio fabbisogno individuale, è fortemente consigliato; non a caso, le Linee Guida per una sana alimentazione, raccomandano di introdurre circa metà del fabbisogno energetico giornaliero, attraverso i carboidrati.

La funzione principale di questi composti è quella energetica: forniscono energia alle cellule per le diverse funzioni biologiche. Le cellule utilizzano, preferenzialmente, glucosio, lo zucchero semplice proveniente dalla digestione dei carboidrati complessi, che costituisce il principale combustibile dopo un pasto!
Inoltre il cervello utilizza esclusivamente il glucosio come fonte di energia. Un giusto consumo di carboidrati attraverso la dieta è quindi fondamentale per garantire il corretto apporto energetico e ciò spiega il motivo per cui tale assunzione diventa ancora più importante in alcune categorie, tra cui gli sportivi!
Inoltre, i carboidrati hanno la capacità di aumentare la disponibilità del triptofano per il cervello; tale amminoacido è utilizzato per la sintesi di serotonina, neurotrasmettitore che funge da modulatore della sazietà e agisce sull’umore come antidepressivo. La serotonina è anche il precursore della melatonina, che svolge un ruolo chiave nella regolazione del sonno: ecco sfatato anche il mito secondo cui la pasta la sera non dovrebbe essere consumata.

L’assunzione di carboidrati complessi fornisce energia a più lento rilascio rispetto al consumo di zuccheri semplici mantenendo in questo modo più o meno costante il livello di zuccheri nel sangue.

L’indice glicemico


Nell’ambito di una corretta alimentazione, non solo è fondamentale considerare la quantità e quindi il giusto apporto di carboidrati in base al propri fabbisogno energetico, ma anche tenere conto della matrice alimentare contenente i carboidrati. Nella scelta di un prodotto a base di cereali ad esempio, si dovrebbero valutare due fattori importanti: il quantitativo di fibra e l’indice glicemico. Questi sono tra loro correlati: maggiore è la quantità di fibre nell’alimento, minore è il suo indice glicemico.
Le fibre hanno numerosi vantaggi: rallentano lo svuotamento gastrico, aumentando il senso di sazietà, riducono il rischio di insorgenza di stipsi, riducono il rischio cardiovascolare grazie agli effetti positivi sul metabolismo dei carboidrati (effetto sull’indice glicemico) e dei lipidi, tra cui il colesterolo.

Ci sono poi particolari tipologie di fibre alimentari come gli arabinoxilani derivanti dall’endosperma del frumento che sono associati ad un effetto riconosciuto a livello scientifico e approvato da EFSA (European Food Safety Agency) di riduzione dell’aumento della glicemia post-prandiale.
Le fonti di carboidrati che sono anche fonti maggiori di fibre sono generalmente i cereali meno raffinati, quindi quelli integrali.
Per prevedere l’andamento della curva glicemica in seguito all’assunzione della stessa quantità di carboidrati contenuti in diversi alimenti, è utile conoscere l’indice glicemico (IG).
Al pane bianco, ad esempio, viene attribuito convenzionalmente un IG pari a 100, mentre la quinoa ha un IG basso, di circa 35; ciò significa che l’area sottesa alla curva glicemica dopo l’assunzione della quinoa è circa il 35% di quella ottenuta con il pane bianco! Le due curve si comportano esattamente come nel grafico seguente:

grafico-carboidrati.jpg

L’indice glicemico è quindi un parametro che descrive la qualità dei carboidrati ed indica la capacità dell’alimento considerato di innalzare il livello di zuccheri nel sangue dopo la sua assunzione. In pratica ai cibi viene assegnato un numero compreso tra 1 e 100: più alto è l’indice glicemico, più rapidamente quel cibo è digerito e assorbito e agisce velocemente sulla risposta glicemica; al contrario più basso è il numero, più l’innalzamento della glicemia risulterà minore e tardivo.
Gli alimenti possono avere un alto IG se è pari o superiore a 70, medio IG se è superiore a 55 ma inferiore a 77, basso se è inferiore a 55.

L’indice glicemico di un alimento è fortemente influenzato anche dal tipo di amido presente nella matrice alimentare (in particolare dal rapporto amilosio/amilopectina), dal suo grado di maturazione, dalla composizione del pasto ovvero dalla presenza di fibre, di proteine e grassi, dalla sua cottura, dalla sua struttura e dallo stesso processo di produzione dell’alimento.

In particolare:

  • Una maggiore quantità di amilosio riduce l’indice glicemico; infatti le patate che hanno una bassa percentuale di amilosio, hanno un indice glicemico più alto delle lenticchie che avendo una percentuale di amilosio più alta hanno un indice glicemico più basso.
  • La cottura aumenta l’indice glicemico, l’indice glicemico delle carote crude è più basso di quello delle carote bollite.
  • La presenza nel pasto o nello stesso alimento di proteine, grassi, fibre riduce l’indice glicemico.
  • Un più alto grado di maturazione aumenta l’IG, una banana acerba avrà un indice glicemico molto più basso di una banana molto matura.
  • Quando un alimento amidaceo è macinato aumenta l’indice glicemico, questo vale soprattutto nei cereali quando sono ridotti in farina, la farina di riso infatti ha un IG più alto del riso in chicchi.

Il Carico Glicemico

Oltre all’indice glicemico occorre considerare anche il carico glicemico (CG), parametro che oltre alla qualità, tiene conto della quantità dei carboidrati. Esso stabilisce quanto aumenterà la glicemia dopo aver assunto una determinata porzione dell’alimento considerato. Questo parametro fa luce sul fatto che due alimenti con lo stesso IG possono avere un CG diverso; persino un alimento con basso IG può avere un CG più alto di uno con alto IG! Ad esempio, sebbene le carote cotte e il riso comune presentino entrambi un IG alto, il CG per l’assunzione di 100 g di carote cotte è molto più basso del CG per l’assunzione di 100 g di riso comune! Pertanto, alla stessa quantità hanno un impatto sulla glicemia ben diverso.

Il calcolo da effettuare per conoscere il carico glicemico è il seguente:

CG= IG x Carboidrati (g/100g) /100

Fino a 10 il carico glicemico è considerato BASSO, da 11 a 19 il carico glicemico è considerato MODERATO, da 20 in su è considerato ALTO.

Detto ciò, non è necessario che nell’alimentazione quotidiana si selezionino appositamente quei cibi che hanno un basso IG, anche perché come abbiamo visto l’indice glicemico è un parametro fortemente influenzato da altri fattori tra cui la presenza di fibre. L’importante è riuscire a variare il più possibile la propria alimentazione evitando di consumare prevalentemente cibi o pasti che determinano picchi glicemici troppo elevati e frequenti, situazione che potrebbe associarsi ad una condizione di insulino-resistenza, soprattutto se tale atteggiamento si accompagna ad un eccesso di peso, una dieta ipercalorica, uno stile di vita sedentario e una predisposizione genetica.
L’insulino-resistenza si innesca quando è vi è una ridotta capacità delle cellule o dei tessuti a rispondere a livelli fisiologici di insulina. Per effetto compensatorio, si avrà una produzione sempre maggiore di insulina da parte del pancreas, senza comunque riuscire a gestire il livello di zuccheri nel sangue. Questa condizione può sfociare in stati patologici quali diabete e obesità. Dell’insulino-resistenza parleremo nel prossimo articolo nella sezione Nutrizione.

Bibliografia:

  • Linee Guida per una sana alimentazione (Revisione 2018)
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